Percorso didattico e formativo
Il termine ecomuseo indica un territorio caratterizzato da ambienti di vita tradizionale degni di tutela, restauro e valorizzazione.
Diversamente da un normale museo, si propone come un luogo di riscoperta e promozione di una zona di particolare interesse, per mezzo di percorsi esplorativi e didattici.
È una testimonianza tangibile dell’architettura rurale e della tradizione contadina locale, il nostro ecomuseo è costituito da diversi corpi di fabbrica risalenti al 1887:il Comune di Acireale lo ha riconosciuto come edificio appartenente alla “tradizione rurale locale”. Tutti i muretti sono realizzati secondo “L’arte dei muretti a secco” iscritta nella Lista del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO.
Un progetto di ristrutturazione sostenibile, necessario dopo il sisma di Santo Stefano del 2019, ultimato nel 2021 ne ha fatto una sede museale, con un itinerario per la visita e la riscoperta dei luoghi del processo di vinificazione.
L’intero impianto era dedicato totalmente alla produzione del vino; sono rimasti totalmente intatti e ben conservati nel tempo strumenti, botti e attrezzi di lavoro utilizzati nel 1870. Vi proponiamo un percorso finalizzato alla conoscenza della vinificazione etnea e alla valorizzazione delle specificità tecniche e gastronomiche legate alla cultura del vino.
Nel complesso museale rimasto intatto nel tempo, prima le suore verso la fine dell’800 e poi la nostra famiglia, producevano il vino dall’uva coltivata nella nostra azienda.
Nel palmento si svolgeva uno tra i momenti più suggestivi e gratificanti, perché concludeva un anno di faticoso lavoro della vita contadina: la pigiatura dell’uva.
A piedi nudi e con gran fatica, i contadini allietati dai canti della tradizione locale, pigiavano l’uva (precedentemente raccolta e trasportato in grosse ceste di vimini portate a spalla dai vendemmiatori, fino alla formazione del mosto lasciato fermentare nelle grandi vasche dello stesso palmento.
Quindi il succo si trasformava in mosto, e poi?
Qui, dopo aver fatto defluire il mosto nelle botti, un torchio, consistente in un imponente tronco di albero di castagno simile ad un braccio biforcuto, veniva collegato ad una grossa vite di legno filettata, a cui era appesa una pietra di un paio di tonnellate (un retaggio di colate eruttive dell’Etna risalenti a decine di secoli addietro) ; questa scolpita per ottenere una forma cilindrica, collegata ad una grossa vite di legno filettata, veniva appesa e con un meccanismo di leve, comprimeva con il peso l’uva, i raspi e le bucce per prelevare le ultime gocce di succo.
Quest’ultimo veniva fatto convogliare nelle cantine attraverso delle canalette, che potete osservare dal soppalco realizzato recentemente, unicamente per permettere la visione complesso museale in toto.
L’imponenza della cantina la fa apparire come una maestosa cattedrale con le navate, che vengono affiancate da antiche botti cariche di vino la cui capienza era all’incirca di 145 carichi. Il carico è un’unità di misura antica, ed equivale a 68,8 lt.
Un tempo producevamo vino da due vitigni autoctoni: il Nerello Mascalese ed il Nero Cappuccio, dai quali nasceva un robusto vino da taglio, resistente ai lunghi viaggi, poichè la nostra famiglia lo esportava in Francia.
Azienda Agricola Sociale
La Batia è catalogata come “azienda agricola sociale ed azienda didattica”, in quanto l’impresa ha delle finalità prettamente “sociali”; ossia, le nostre attività agricole sono affiancate dall’offerta di servizi culturali, educativi per le scuole, formativi ed occupazionali, a supporto anche di tutti quei soggetti svantaggiati a causa di disabilità, dipendenze o a rischio di marginalizzazione in ambito sociale.
Promuoviamo attività ludico-ricreative rivolte ai ragazzi (come gli orti sociali o giochi formativi e didattici) e l’inserimento lavorativo di persone disagiate.